TANGRAM - ANNO 7 - Numero 21 |
Passando elogiamo
Un ricordo di Giampaolo Dossena |
di Nivio Fortini |
Nel maggio del 1999 Dossena tenne una conferenza a Grosseto (“Per una distruzione del linguaggio”) in cui, tra l’altro, con i suoi modi caustici e dissacratori ricordò anche un incontro col maremmano Luciano Bianciardi ed un’esclamazione che era venuta da un minatore alla fine del suo intervento (“Oh allora?”), che l’aveva colpito e con la quale — non a caso — chiuse la sua relazione. Ero presente col mio amico Mario Nanni ed avevamo preparato una lunga lista di anagrammi sul suo nome. Dossena rimase sorpreso e contento: volle subito quella lista e noi gli promettemmo di mandargli anche tutti i logogrifi ricavabili dal suo stesso nome. Per premio mi feci fare una dedica sulla mia copia del suo “Dizionario dei giochi con le parole” e rimanemmo a lungo in contatto scambiandoci lettere e cartoline (ne ricordo una, imperdibile, con le famose tre T di Cremona... - la sua città).
Naturalmente per me Dossena era già un mostro sacro nell’ambito dei giochi; possedevo già numerosi suoi libri e mi era piaciuta quella “Storia confidenziale della letteratura italiana” del 1987 per la sua proverbiale meticolosità e precisione e per il taglio originale con il quale affrontava questa materia che sembrava così lontana dal nucleo dei suoi interessi principali.
Poi nel 1988 era uscito “La zia era assatanata” che portava per sottotitolo:
primi giochi di parole per poeti e folle solitarie (... bello l’ossimoro!). In questo testo ad un certo punto c’è la citazione dell’OULIPO e della traduzioni italiana di un libro, che definisce introvabile, con l’indicazione dell’editore, indirizzo e codice postale! Scrissi e mi feci mandare il libro: “OULIPO La letteratura potenziale — Creazioni Ri-creazioni Ricreazioni”. Per me fu la scoperta del mondo dell’OULIPO, di Perec, di Queneau e la nascita di una passione che mi accompagna ancora oggi e che devo tutta a Dossena. Tra l’altro lui ha dichiarato più volte, negli scritti e nei nostri colloqui, che non amava quella corrente letteraria ed anzi, con il suo noto cinismo e la ferocia di certe affermazioni definitive, la considerava semplicemente: “merda”.
Poi nell’aprile del 2003 Dossena tornò a Grosseto per la terza ed ultima volta. Avevamo organizzato con il Comune un ciclo di conferenze dal titolo “Alla ricerca del senso perduto — paradossi, enigmi e giochi linguistici”, invitando personaggi sicuramente noti ai lettori di “Tangram” come Ennio Peres, Stefano Bartezzaghi, Alessandro Bergonzoni, Raffaele Aragona, Franco Diotallevi e, naturalmente, Dossena che si era innamorato di questa terra di Maremma e tornava molto volentieri, anche se lo trovammo molto invecchiato e di salute instabile. Per il suo intervento aveva preparato un testo che poi al momento, come un bambino capriccioso, si rifiutò di leggere e nel quale annunciava di voler donare i propri libri sui giochi alla locale Biblioteca Comunale, invitando altri autori a fare altrettanto. Purtroppo per noi questo intento con gli anni non è stato mantenuto ed i libri sono andati alla biblioteca di Cremona.
Dopo l’incontro passammo a prenderlo dall’albergo per recarci al vicino ristorante, che lui già aveva dimostrato di gradire la volta precedente. Fu naturalmente al centro della serata, con il suo modo sottile e crudele allo stesso tempo di emettere giudizi sulle cose e, con ancor più piacere ed un’innata e velenosa ironia, sulle persone: che fossero presenti, viventi, morti o ai quali augurava apertamente di morire!
Ora Giampaolo Dossena ci ha lasciati. Già altri e più qualificati di me ne hanno parlato e scritto e per lui continueranno a parlare i suoi libri, su tutti la monumentale “Enciclopedia dei giochi” della UTET. Per me resta il privilegio di aver conosciuto una persona così profonda che con la sua opera ha dato un contributo fondamentale alla divulgazione dei giochi e che, forse, nascondeva la propria fragilità e le proprie paure dietro una maschera rude e volutamente antipatica.
Nota: “Passando elogiamo” è, naturalmente, un anagramma del nome di Giampaolo Dossena che definì l’anagramma “il più prestigioso fra i giochi di parole”. Ed io condivido appieno questo giudizio.
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